10 febbraio 2012

a Rosalia

Cara Rosalia, 

mi mancherai lo so anche se non ci incontravamo spesso eri una così bella anima da darmi ogni volta una specie di contentezza . Il sentirti parlare, mai banale, mai volgare mai scontata e così piena di ironia mi faceva pensare a te come ad una persona piena di “sentimenti” di quelli che inducono a farsi domande e a darsi risposte anche le più scomode anche le più difficili.
La parola che mi viene pensando alla tua morte così inaspettata così improvvisa così dolorosa , è risveglio, risveglio. Mi viene pensando all’evento che colpisce improvviso e che ti induce a prendere coscienza di dove siamo, cosa facciamo, dove andiamo, di quei pensieri che sempre soffochiamo nel sogno in cui siamo immersi , quel sogno doloroso che ci induce a trasformare tutto in cose, in realtà materiali ed insignificanti, che ci induce a credere o a temere che sia tutto qui tutto così inutile. Ma io penso sempre al momento in cui mi hanno diagnosticato il cancro, il mio caro cancro, a quel momento in cui mi sono sentito felice , irrazionalmente, forse follemente , forse proprio pensando a questa parola : risveglio.
Ora sei in quella realtà da cui è venuto Gesù, sei proprio con lui, proprio con quel Dio che è venuto a risvegliarci con parole dure alla realtà vera quella che sta oltre il sogno opaco e talvolta miserabile della nostra esistenza terrena, lo ha fatto con parole dure , me ne vengono alcune per certi versi terribili … “lasciate che i morti seppelliscano i morti …” morti a cosa se non a questa realtà ignorata e dubitata che é il nostro essere “animati” - vivi di una vita che non muore - vivi di una speranza che non termina - vivi di un senso pieno dell’essere.
Ma noi Signore non siamo morti perché la Tua parola ci risveglia continuamente e neppure tu Rosalia sei morta ma ora “finalmente”  vedi il senso tutto di questa che noi chiamiamo confusione , dolore o nel migliore dei casi Mistero e che tu ora chiami  Grazia.
Non portarti nulla di questo mondo, vai leggera come deve essere, mai rimpianti, mai recriminazioni per quello che è stato o peggio per quello che non sei stata ... è tutto giusto così me lo dice con forza il mio cuore ma, quello si ,  porta con te il tuo “cuore di carne” , mai di pietra, quella tua essenza di risvegliata , di innestata a Cristo e ora che ci vedi nella nostra debolezza nella nostra povertà e ora che capisci cosa sia essere liberi ed amare davvero, ti chiedo di amarci, di esserci vicina perché anche noi vogliamo risvegliarci e non possiamo farlo da soli ! Abbiamo bisogno di una voce che ci chiami e ci dica “apri gli occhi “ come fa Gesù quando ce lo dice con veemenza quasi con rabbia, perché a volte un addormentato va risvegliato così , a secchiate d’acqua fredda: “.. se voi diceste siamo ciechi sareste salvi ma poiché dite io vedo firmate la vostra condanna …” e dunque tu Rosalia aiutaci ad aprire gli occhi, già lo stai facendo con la tua stessa vita ma  fallo ancora sussurrando alla nostra anima in ascolto di te, della tua dolcezza di madre e di donna, “apri gli occhi”.

12 febbraio 2011

Stralcio dell'articolo di monsignor Raffaele Nogaro vescovo emerito di Caserta, "Il vero cristiano è antiberlusconiàno", dal nuovo numero di "Micromega" in edicola gennaio 2011.

"Vittime" della società non sono solo quelle volute dai poteri perversi, e sono tante, ma ben più numerose sono quelle che io chiamerei le «vittime originarie», quegli esseri umani che nascono per venire protetti ed educati nel cammino della vita e della salvezza, e invece si sentono abbandonati. Sono i «po­veri credenti», e tutti gli uomini sono poveri credenti, che cer­cano ancora con ardore la Chiesa del Vangelo di Gesù.Nella società attuale si è introdotta una forma di imboni­mento, malsano e gratificatorio, che intontisce e soprattutto lusinga le persone: una corruzione a tutti i livelli della vita eco­nomica, civile, politica, ma anche culturale e religiosa. Una dif­fusa mafiosità dei comportamenti, che sembra ormai una con­quista di civiltà del nostro tempo. Il «tutto è lecito» è il valore d'oggi, gloria della coscienza umana, finalmente autonoma e libera. Il tragico è che questa vita senza morale rende «inter­rotti i sentieri» dei giovani, frantumando gli orizzonti e i desti­ni della loro vita. Il potere esplosivo e rigeneratore della società è la Chiesa di Cristo. La Chiesa può essere non accettata dalla società. Ma essa, per mandato di Cristo, a costo di qualsiasi persecuzione, si trova sempre in mezzo agli uomini: Che dire allora di una Chiesa che tace e talora si compiace del qualun­quismo imperante? La volontà del Padre è diversa da quella del capriccio umano. E se la Chiesa compie certi gesti di inconti­nenza, Dio si scandalizza di essa. Come è possibile che uomi­ni di Chiesa «importanti» facciano la barzelletta del peccato? Si può «contestualizzare la bestemmia», «la trasgressione pub­blica della pratica sacramentale» perché al capo si devono con­cedere tutte le licenze? Noi rimaniamo nello sgomento più do­loroso vedendo i gesti farisaici delle autorità civili e religiose, che riescono ad approdare a tutti i giochi del male, dichiaran­do di usare una pratica delle virtù più moderna e liberatoria. È del tutto sconveniente, poi, che per comperare i favori di un gruppo politico, di professione pagano, si dica che esso è por­tatore genuino di valori cristiani, come è avvenuto per la Lega. La Chiesa non reca salvezza se rimane collegata agli interes­si di classe, di razza e di Stato. Non porta salvezza se è compli­ce dell'ingiustizia e della violenza istituzionali. La Chiesa non può rimanere in rapporto con i poteri oppressivi, col rischio di diventare egoista e indifferente, priva di amore e vergognosa­mente timorosa. Noi cerchiamo la Chiesa di Cristo, che mette in movimento tutte le forze portatrici della salvezza dell'uomo (1 Cor 12). Noi cerchiamo una Chiesa, che agisca da catalizza­tore per l'opera di redenzione di Dio nel mondo, una Chiesa che non sia solo luogo di rifugio per privilegiati, ma una co­munità di persone a servizio di tutti gli uomini nell'amore di Cristo. La Chiesa può sbagliare solo per amore dell'amore. Buona parte del nostro popolo pensa che la corruzione e il malcostume che oggi affliggono l'Italia vengono assecondati dall'attuale governo. La Chiesa, perciò, non può tenere rap­porti di amicizia con esso. (Fonte: Noi siamo Chiesa)

09 febbraio 2011

La misericordia

Capire la sua misericordia ed il suo amore è davvero la cosa più difficile e ciò per il semplice motivo che non sappiamo nulla di quei meccanismi apparentemente così innaturali che sono l'amore e la misericordia. Noi nasciamo con l'istinto di sopravvivenza, di sopraffazione, l'istintiva combattività che ci porta sempre a vincere, la centralità del nostro individuale modo di vivere pensare ed agire ... ma nulla che assomigli alla misericordia. Nulla che possa essere definita come una naturale, istintiva tendenza alla negazione del proprio ego e della propria centralità. Donarsi è inevitabilmente sentito come sinonimo di perdersi ed è un sentimento a cui, prudentemente, bisogna crescere ed abbandonarsi.

09 novembre 2010

Imprinting !


... come le oche di Lawrence cercano/seguono la "madre" io cerco te ... a me quelle oche fanno molta tenerezza e tu quanta tenerezza provi per me: un asino che vola ?

MM

Balbettii sulla felicità

Cosa c'è di più pensato, di più cercato, di più sperato della felicità: cosa si può desiderare di più? 
Al tempo stesso cos'è meno presente in questo mondo, in questa umanità, in questa storia, cosa vi può essere di più raro da cercare ...

Cosa non è (per la mia esperienza) la felicità: non sono i soldi, non sono l'avere, non è il potere, non è il "non fare", non è il collezionismo ...  anzi tutte queste cose sembrano avere in sé una pulsione di morte, portano ansia e preoccupazione costante, uccidono il desiderio poichè ogni desiderio è realizzabile nel momento in cui lo si formula e quindi non è già più "desiderio", progetto, al tempo stesso i desideri più profondi rimangono sempre irrealizzabili, trasformano l'altro in un concorrente o nel migliore dei casi in uno specchio in cui vediamo la nostra presunta "invidiabilità" e superiorità.
Più si ha e più è difficile mantenere: più è facile perdere e col perdere "le cose" si perde sè stessi ormai cosa confusa fra le cose.

Felicità: se mai sono stato felice - ma al tempo stesso se mai è la felicità ciò che mi serve - è stato quando ho potuto esprimermi ... diciamo che normalmente siamo arrotolati su noi stessi come certe foglie prima di maturare, ebbene la felicità è stata per me il momento in cui mi sono dispiegato, in cui la mia vita si è palesata alla luce, al mondo, attraverso un fare ma soprattutto attraverso un relazionarmi ed un esserci ... è come dire mi manifesto dunque sono e in quel sono e in quel diritto ad esserci e a dirmi, ho trovato sprazzi di felicità - ma ancora a me stesso dico e ancora penso: è la felicità ciò che veramente mi serve ?

Trovo felicità nell'amare e nell'essere amato ... ma com'è difficile mantenere l'equilibrio dell'amore : dentro di noi c'è ancora e sempre il desiderio di qualcosa di più, forse di un amare e di un essere amato così idealistico, così utopistico, che non può che infrangersi sulle nostre contraddizioni e sulle nostre inadeguatezze ... l'amore è importante, ma non basta a darci la felicità!
Si scopre amando che l'amore non può essere una stampella: si scopre che ama davvero e più profondamente, io credo, colui che può dire ad ogni momento "ti amo per ciò che sei , non per ciò che mi dai". Ma questo comporta una maturità pregressa, richiede persone che siano state molto amate. Ma chi sa darci un amore a cui sia possibile appoggiarsi ?

Trovo sprazzi di felicità nel potermi esprimere come sto facendo ora, ma soprattutto nell'interloquire, nel confrontarmi con altri, non posso dire che sia stato proprio l'interloquire il motivo di soddisfazione maggiore tuttavia questo mi fa sentire presente al mondo ... più vivo, forse perché dice la mia capacità di comprendere e quindi, ancora, il mio diritto d'esserci, forse perché mi risveglia e mi rende maggiormente capace di guardarmi attorno e di sentirmi parte del cielo e della terra, della natura e delle persone, del cemento e dell'erba ... sensazione sfuggente ... così facile perdere il contatto col terreno e diventare "palloncino" portato dal vento e quindi profondamente ... infelice. 

Ma forse bisogna fare un passo indietro e partire da quel nascere e da quel crescere che ci consegnano al mondo. Al mio compleanno ho detto una cosa che sento come profondamente mia: ovvero che ciò che mi ha dato forza nei momenti più difficili è il fatto di sentirmi - a questa vita - figlio voluto cercato ed amato non solo dai miei genitori "adottivi" (quelli "terreni": così inconsapevoli e incapaci di "senso") ma da un Genitore che tutto genera compreso il mondo stesso.
Questo è ciò che più di tutto mi dà un "senso" e da quel senso tutto deriva, deriva anche il senso del fare e delle cose della vita tutta e senza quel senso tutto diventa inutile senza significato ... quel senso mi dà concretezza ed aderenza al suolo. Tanto più che quel senso ha una sintesi, una forma ed un apparire nella figura storica di Cristo.  

Adempiere a quel senso non di uomo isolato ma di figlio è ciò che mi può dare quella pienezza - a questo punto abbandono quella parola felicità che mi sembra così inadeguata rispetto alle mie attese - pienezza che mi ricorda in modo straordinario l'acqua che Gesù offre alla samaritana un acqua che placa la nostra sete, quella sete profonda che ci porta alla ricerca della felicità  ...

Conclusioni provvisorie: forse non me ne è mai fregato niente della felicità, è solo un termine che esprime uno stato di ebbrezza che non può che essere momentanea, desidero più di tutto la "pienezza" di essere figlio come Israele era figlia e sposa del Dio dell'Alleanza.
Se mai ho provato la felicità è stato proprio nel riconoscermi in questo essere figlio amato - nella fiducia di scoprire un padre non inventato ma RITROVATO o più precisamente SVELATO - e nel sentirlo al mio fianco nei momenti più drammatici.

La pienezza la trovo nel calcàre questo mondo così come sono: prima di tutto così come sono - e poi, se mai, cercando di migliorare me stesso per amore dell'amore del padre e non di me stesso.
Tutto comunque parte da quell'essere riconosciuti, in quel "parlare" che nell'episodio della samaritana lui fa di lei ... e quindi in quell'essere implicitamente accettati che Gesù gli offre ... o da quel rinascere di spirito di cui Gesù parla a Nicodemo: rinascere dall'alto lo chiama. Partire dal riconoscimento del suo amore ? 
Bah, sono partito dalla felicità e sono finito al solito a parlare di Dio: non è che lo volessi, ma è che lì "finisco" ... forse perché lì sono iniziato.

Un asino che cerca di volare. MM

25 ottobre 2010

L'abbraccio

Quando diciamo ".. sia fatta la tua volontà ..." sembra quasi che ci abbandoniamo ad un destino ignoto ed oscuro:
non capiamo che Dio vuole dare a noi ciò che noi vogliamo di più da Lui.
... 
MM

16 ottobre 2010

Cambiare per credere

Che scuola lunga e difficile quella vissuta in quest’anno, che scuola di vita, soprattutto che scuola del limite: il mio limite, il limite del mondo, quello della malattia e quello della morte, ma anche una scuola che mi ha fatto capire come le relazioni vissute e non subite ci cambino giorno dopo giorno ... nonostante noi …
Ho più volte pensato che Dio stesso mi avesse preso di peso dalla mia pigra quotidianità per sottopormi a questa scuola straordinaria di vita e di umanità.
Io spesso così “aereo” nelle mie elucubrazioni, così amante del capire e del teorizzare mi sono trovato a condividere, a toccare, a conoscere ed infine ad amare il mondo degli esclusi: quel mondo che nessuno rappresenta, che nessuno vuole vedere: il mondo degli ammalati, dei vecchi, dei deboli. Un mondo non sempre piacevole da incontrare, dove le persone sono frequentemente arrabbiate, talvolta rancorose (forse più per l’abbandono cui sono sottoposte che  per motivi fisiologici come spesso si crede).
Povero me così piccolo nel saper amare ho cercato di distribuire un po’ d’amore:  proprio io ancora così bisognoso e carente ! Eppure sì che ci ho provato, ci ho provato con tutto il cuore e non so veramente  se ho più dato o più ricevuto ….
In questo periodo ho pensato lungamente a Don Gnocchi nel cui istituto sono stato accolto per la riabilitazione cardiaca, al suo amore per i più piccoli e i più deboli, a come tutto si sia propagato grazie al suo amore "spicciolo" più che per le strutture che non ha neppure potuto vedere realizzate: è proprio quell’amore che nonostante tutto, nonostante la sua paura di scoprire che tutto si svolgesse in modo “impiegatizio”, ancora si percepisce nelle piccole gentilezze di coloro che lavorano in questi luoghi e proprio perché questa cura gentile l’ho percepita posso dire che essa è essenziale, quel tocco particolare è ciò che è in grado di consolare e di accendere il cuore, non è efficientismo e talvolta non è neppure efficace ma si caratterizza per uno sguardo che dice “io ti vedo, io ti soccorro, io ti voglio bene …”: è solo quello l’amore che è capace di attraversare il tempo e le economie, è proprio un amore ad imitazione di Cristo.
Come  mi cambia e come mi ha cambiato la fatica di incontrare gli ammalati, incontrando con essi la mia stessa resistenza al disagio della malattia, come mi ha cambiato il doverli capire incontrando la loro apparente scontrosità e la finta spavalderia ! Com’è difficile riconoscere dentro di sé un amore per questi piccoli e come fa paura scoprire di amarli, amare significa vivere l’impossibilità di essere indifferente di fronte alla loro infelicità o debolezza, capisci che la realtà di queste persone ti coinvolge, diceva una canzone brasiliana “… come posso esser felice se è povero il mio fratello …”, condivido profondamente questo sentimento e vorrei tanto fare di più. Quando percepisci questo dolore , senti che l’amore è prima di tutto una responsabilità, non tanto una responsabilità del fare (che viene da sé) ma la responsabilità di esserci, di relazionarci con questa “sofferenza” di non censurare nulla del dolore del mondo, ma di provare a condividerlo.
Noi pensiamo spesso al nostro convertirci come a qualcosa che significa cambiare, essere diversi, come ad un impegno a cui piegarsi, una sorta di fare più o meno volontaristico, io sto scoprendo però che il convertirsi è un farsi coinvolgere, un cedere, molto più che un conquistare.
In questo momento mi viene da pensare che noi continuamente ci separiamo da ciò che la realtà ci presenta fino al vivere al di fuori della vita stessa. È questa in fondo la condizione più profonda di quello che noi chiamiamo peccato. È questa l’unica condizione in cui è possibile davvero perpetrare il male senza esserne sconvolti, perché il male non ci tocca, anch’esso è separato da me così come l’altro è separato da noi.
In fondo Cristo ha prima di tutto condiviso: è un dio che non è rimasto indifferente/separato ed in fondo tutto ciò che ci chiede è di stare innestati a lui. L’innesto infatti rende la pianta selvatica albero fruttuoso … 

MM

Contro l'odio e l'intolleranza.

Se penso all'anno passato dovrei ricordare le nausee delle chemio, i viaggi angosciosi agli ospedali, le claustrofobie provate in qualche tubo di incerto scopo ed utilizzo o il tempo passato sotto qualche maschera di contenimento, bombardato da quelle stesse radiazioni che in altri momenti ci dicono così pericolose .... eppure di quest'anno io ricordo soprattutto le persone, la gente, quella stessa gente che mi capita di "insultare" (dico spesso: la gente non capisce niente!) quando seguo un telegiornale o dopo una trasmissione che parla di politica .. ebbene quella stessa "gente" diventa "persone"- non so (nè me lo chiedo) come voti o come viva ma vista da vicino cambia, diventa bella.
Occorre evidentemente lo sguardo senza pregiudizi e acuto, e consapevole, di chi rischia la vita per vederle e riconoscerle ed innamorarsene.
Perché le persone (tutte e con le loro diversità) sono la nostra stessa vita.  Non è vero che ci può essere una vita senza persone !
Perché amare senza pregiudizi le persone è amare la vita.
Anche se non "le sopportiamo", siamone consapevoli.
Parola di un asino. MM

09 ottobre 2010

Nostro fratello orco ...

Non c'è persona che non sia rimasta colpita da questo avvenimento di morte legato al nome di Sarah Scazzi, perfino io che non leggo e non guardo mai questo tipo di cronaca - non per virtù acquisita - ma per fastidio naturale  e che spesso giudico "morboso" il parlare e l'informarsi su queste notizie, non posso non dire d'esserne rimasto colpito .
Colpisce senz'altro l'omicidio efferato e colpisce ancor più la l'abuso fatto del suo corpo - mi colpisce perchè sembra collocarsi al di fuori e al di là di un cosiddetto "raptus" momentaneo: sì, anche se le cronache sono piene di storie di violenze fatte alle donne ed ai bambini "a causa" della loro innoquità e della loro debolezza, non sono per fortuna poi tanti i casi in cui tale violenza porta all'omicidio e credo succeda veramente di rado che lo stato di alterazione continui così a lungo senza mai raggiungere un soprassalto di coscienza, un orrore di sé e delle proprie azioni.
Preso atto dell'efferatezza del gesto tuttavia devo dire che mi colpiscono molto anche le parole usate dai media per definire questo "zio", appellato come ORCO  e mostro, colgo in queste definizioni il desiderio di escluderlo totalmente dall'umanità quasi che il suo stesso DNA non ci appartenesse .
E' naturale un tale atteggiamento, ma lo scostarci ed il differenziarci non ci fa riflettere e non ci aiuta a capire, ritengo che generi  paura del mondo e della gente e causi debolezza di giudizio: quest'uomo miserrimo è un nostro fratello, un figlio del nostro tempo oscuro - ma forse di tutti i tempi - fratello di una umanità che da sempre fa cose terribili per poi inorridire di sé, è inutile dire "noi non faremmo mai cose simili", è sicuramente vero, ma al tempo stesso questa società assiste indifferente alla prevaricazione sui più deboli ogni santo giorno che passa, educa alla furbizia ed al "successo" ad ogni costo e ad ogni prezzo, usa il corpo delle donne per vendere ogni sorta di oggetto e di concetto, giustifica la prostituzione, esalta la "potenza" virile, giustifica il ruolo delle "escort" come bottino dei potenti ...  esalta i desideri di ogni tipo estremizzando tutto, perché quando tutto è possibile tutto tende a diventare noia pura, dico questo senza nessun moralismo ma come pura osservazione del mondo che mi circonda; io mi permetto di dire: prendiamo atto di questa realtà e traiamone le conseguenze, non stiamo parlando di un uomo mostruoso ma di una umanità che mostra di avere un volto oscuro, di una umanità che ha risvolti mostruosi.
Io personalmente faccio ciò che ritengo più utile in queste circostanze: cerco di affinare il mio giudizio sulla realtà sforzandomi di capire gli avvenimenti, propongo valori che considero positivi  e soprattutto ... pregherò per quest'orco come atto di misericordia necessario per lenire la sua e la nostra sofferenza, la sua e la nostra mostruosità, per chiedere perdono dell'ingovernabilità di questo mondo che riflette la nostra personale ingovernabilità, che immagina e produce ogni sorta di malvagità e procura ai più deboli ogni sorta di patimento e per chiedere perdono dell'incoscienza spicciola di cui ogni giorno siamo protagonisti. Convinto come sono che sia in tutti noi l'origine dei nostri mali, convinto come sono che la preghiera ci riconcili con noi stessi e col mondo, convinto come sono che offrire misericordia ci faccia scoprire la dimensione più nascosta e più  liberatoria di questa oscura realtà, convinto come sono che Dio ci ascolti sempre, si ponga sempre in nostro aiuto e non ci violenti mai.
Parola di un vero asino.    M.M.


03 ottobre 2010

Una lista per ricordarsi come ascoltare

Pensiamo all'ascolto come ad uno stato passivo - tutt'altro - pochissimi ne sono capaci e richiede un grande impegno :  

Ricordati che prima di parlare devi sempre ascoltare
  1. L'ascolto vero passa dal cuore 
  2. Per ascoltare ci vuole un cuore spazioso e pulito …
  3. Chi ascolta non si preoccupa solo di capire ma anche di comprendere
  4. Al centro della scena non ci sono io ma colui che mi parla
  5. Chi ascolta sospende ogni giudizio
  6. Si ascolta con lo sguardo, con l’udito ... con tutti i sensi   ... 
  7. Ascoltare è capire anche ciò che non ci viene detto.
  8. Chi ascolta mette da parte le proprie preoccupazioni, i dissensi, le cose che deve dire, i  MA ed i SE e ASCOLTA.
  9. Ascoltare è dare spazio all’altro
  10. Ascoltare è fare silenzio
  11. Ascoltare è capire ciò che l’altro desidera
  12. Ascoltare è fare ciò che l’altro desidera (ma senza faglielo sapere o diventa “accontentare”)
  13. L’ascolto accarezza e non stringe – abbraccia e non racchiude.
                                                                                                        M.M.

02 ottobre 2010

Il problema siamo noi ....


Perchè la politica mi fa soffrire tanto. ?
  • .... per l'assenza totale di una opposizione vera con un progetto di società organico ed attendibilee che sappia presentarsi  unita ed autorevole
  • ... perchè TUTTE le istituzioni sono state irresponsabilmente destabilizzate
  • ...per la mancanza di un'informazione che non sia serva dei partiti e degli interessi di parte
  • ... per l'incapacità di molti di leggere i fatti e le opinioni al di là delle dichiarazioni ufficiali e degli slogan aziendali (pardon - di partito)
  • ... per questo bisogno struggente dell'italiano medio di demandare ad altri la responsabilità di governarsi: quella che ha fatto dire tante volte il classico "lasciamolo lavorare ..." che significa poi "facciano quello che vogliono purchè non mi coinvolgano ancora in questo tema divenuto ormai angoscioso che è la politica!" 
  •  ... per quella incapacità totale nelle persone di comprendere la potenza di quei media che fiaccano la mente e le coscienze: il credersi impermeabili, superiori, alle suggestioni dei "venditori"  .
  • ma più di tutto ... per quella monumentale, indefinibile, ingenuità che porta a credere che un uomo ricco e potente divenuto tale facendosi valere in ogni modo e con ogni mezzo, possa interessarsi delle esigenze dei più deboli o che possa anche solo occuparsi degli affari non suoi ma dell'Italia per .. puro senso civico, per altruismo, per amor di patria .... perchè le favole sono belle e vogliamo che si avverino!
Il risultato è che, anche se il sultano se ne dovesse andare oggi stesso in qualcuna delle sue ville all'estero, noi saremmo col sedere a terra ... come se qualcuno ci tagliasse la corda del tiro alla fune mentre stiamo tirando come pazzi. Non oso immaginare poi cosa accadrebbe a quel formicaio di leccapiedi della sua corte e dei suoi cortigiani e tremo all'idea di cosa sarebbero disposti a fare pur di rimanere potenti e di non sottostare al giudizio di nessuno !

Ma lo ribadisco: il vero orrore ed il vero pericolo è il vuoto mentale degli italiani che non sono più capaci di scandalizzarsi di nulla - ma proprio di nulla - che non si rendono conto di quanto la democrazia sia fragile e di quanto siano importanti i valori che i nostri padri ed i nostri nonni ci hanno consegnato anche a prezzo della loro vita.

E' un pericolo grave che tutti pretendano un cambiamento che non può venire solo dall'alto ma che deve crescere da ciascuno di noi, dal nostro impegno sociale e politico, che nasce dal farsi delle idee e dal manifestarle con forza, che viene dal capire, e dall' aiutare tutti a capire, che la politica è nostra e non "loro", dobbiamo aiutare la gente a capire che quei "mostri" (spesso sono tali!) che vediamo alla televisione così "diversi" e lontani dai nostri comportamenti, dai nostri sogni e dalle nostre esigenze, li abbiamo creati noi, col nostro aiuto diretto o - peggio - la nostra indifferenza!

Abbiamo il dovere di trovare noi quello che loro non hanno, ovvero le idee e soprattutto la coerenza alle idee proposte. 
Ci spetta la fatica di capire e di intervenire. Parola di un asino.
                                                                                                                          M.M.

01 ottobre 2010

Tutto è relazione

Ama il prossimo tuo come te stesso … ed il come è mirabilmente posto a perno dei 2 piatti su cui bilanciare i 2 amori, quello del prossimo e quello per sé stesso; è il comandamento in cui l’altro non deve invaderci e neppure noi possiamo invadere l’altro, poiché prima di tutto questo comandamento esprime l’equilibrio con cui ciò che siamo deve incontrarsi – scontrarsi - rapportarsi con l’altro senza sopraffare od esserne sopraffatto.  
Ben lontano da un banale “Volemose bene” amare è fonte di lacerazioni profonde, di odi e di combattimenti estremi sia interiori , sia esteriori, d'altronde ogni nascita così come ogni rinascita avviene nel dolore, nello sporco: tra liquidi organici e grandi nostalgie per ciò che abbiamo lasciato e grandi paure per ciò che troveremo.  M.M.

relazione ...

Che dire della relazione !
Che ci cambia profondamente come null'altro e per questo la evitiamo, evitiamo di esprimerla , evitiamo di viverla, evitiamo di riconoscerla come fondamento della nostra felicità.
Siamo sempre legati alle nostre care ansie... per quanto "angosciose" sono pur sempre un male conosciuto che ci evita un bene ignoto.  M.M.


26 settembre 2010

Il miracolo


Il "miracolo" vero quello più grande e più difficile da accadere non cambia la realtà o gli eventi, ma il modo in cui noi reagiamo ad essi: un tale miracolo non  potrà mai esserci alienato e rappresenta un vero tesoro per l'esistenza ! M.M.

immagine tratta da "un miracolo a Milano" di De Sica